La Chiesa di Santa Domenica

Fondata con il primo nucleo, la Chiesa, i cui registri parrocchiali risalgono al 1669, venne distrutta dal terremoto del 1783 e quindi ricostruita nel 1788 su progetto di Bernardo Morena, Architetto direttore del dipartimento di Monteleone nel quadro della ricostruzione operate dalla Cassa Sacra dopo il predetto terremoto, come descritto sulle facciate della stessa con incisione su granito.
L'8 aprile 1991 viene dichiarata, dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, monumento nazionale di interesse storico-artistico.
Con richiami all'architettura rinascimentale e a quella barocca, la Chiesa è un esempio di eclettismo del periodo della ricostruzione.
Prospiciente la più importante piazza del paese (Piazza del Popolo), si inserisce e ne caratterizza il tessuto urbano.
La facciata
Nella facciata la larghezza prevale sull'altezza.
Tre aperture, di cui una murata, con portale in pietra granitica, corrispondenti ad altrettante navate, permettono l'accesso all'interno della Chiesa.
La parte centrale è più alta e termina con un timpano sul cui vertice è posta una croce in ferro battuto, mentre tre vani chiusi a forma di finestra, di cui quella al centro con arco a tre centri e le altre due con arco a sesto ribassato, ospitavano le icone dei santi, mentre un'altra icona più piccola si trovava al centro del timpano; due linee curve e simmetriche, terminanti con due volute laterali raccordano, in alto, la parte alta con quella bassa.
Lesene raffiguranti pilastri completi di base e capitello, modanature in aggetto, scandiscono il ritmo dell'elegante facciata.
L'interno
Poche aperture su spessi muri perimetrali danno all'interno un senso di massiccia austerità.
La pianta è a forma rettangolare, ma la differenza tra la larghezza e la profondità e di soli m. 1,60.
Due file di pilastri dividono lo spazio in tre navate, con quella centrale più alta, dove, nelle pareti, in quella parte che sovrasta le navate minori, si aprono tre finestre per lato, formanti nell'intersezione con la volta lignea archi a sesto acuto.
Sulle facciate di ogni pilastro delle lesene a forma di colonna, con base e capitello corinzio, adornano e danno slancio alla massiccia struttura.
Le quattro colonne sono collegate, in alto, in direzione ingresso-altare, con archi a tutto sesto al disopra dei quali poggia la volta a botte lignea che percorre tutta la navata maggiore; una ricca modanatura aggettante delimita visivamente lo spazio della volta. Gli archi sono interrotti in chiave da motivi decorativi fogliformi.
 
In corrispondenza dei pilastri, nelle navate laterali, altre lesene finemente decorate richiamano il ritmo della navata centrale.
Un grande e imponente arcosoglio delimita la navata centrale con il presbiterio. Motivi ornamentali a candelabra decorano le lesene della facciata e dell'intradosso dell'arco, mentre nella chiave di volta una cartella decorativa è affiancata da due putti alati in altorilievo.
Il pavimento del presbiterio, su cui è adagiato l'altare, è rialzato, rispetto a quello della navata, con un gradino in pietra granitica alto cm 17, mentre una balaustra in legno laccato bianco separa i due ambienti. In alto lo spazio è racchiuso da una grande volta a botte lignea, mentre la parete di fondo è semplicemente intonacata con una modanatura in aggetto posta in corrispondenza della linea che separa la volta dell'ambiente sottostante.
Dal presbiterio, attraversando due porte laterali, si accede alla sagrestia e al vano scala del campanile. Le porte sono in legno bugnato, mentre le cornici del vano sono in marmo bianco e nero, dove, nella parte corrispondente dell'architrave, un festone ornamentale, formato da gigli incastrati tra di loro, spezza il rigido schema geometrico.
All'ingresso della sagrestia vi è murato un prospetto di ciborio in marmo bianco a bassorilievo, dove due colonne riccamente decorate sorreggono la trabeazione su cui poggia l'arco, nella lunetta del quale è scolpita la figura del Cristo benedicente; tra le colonne e la bocca del ciborio due angeli, nell'intento di ricevere la benedizione, si adagiano perfettamente nello spazio che li circoscrive; un volto alato, che appare come una maschera, di dimensioni sproporzionate rispetto alle altre figure, posto sul lato inferiore della bocca del ciborio, forma con le ali un arco rovescio che richiamando quello superiore dà un grande senso di armonia ed equilibrio al manufatto; per la posizione frontale delle figure e la scena rappresentata, sicuramente si tratta di un'opera di epoca tardo-bizantina, prelevata dal vicino Convento dei Basiliani.
In commesso di marmi policromi formanti un insieme di minuti e preziosi particolari decorativi, di stile barocco, il grazioso altare maggiore è un grande esempio delle capacità tecniche nella lavorazione ad intarsio. Esso reca la scritta: PISANI A SERRA SCULPITIS A. DNI MDCCLXXI.
Nella parte alta, inserita in un piccolo tempietto formato da quattro colonne corinzie che sorreggono un arco spezzato in chiave, al centro del quale vi è inserito uno stemma con penna e ramoscello, simboli del martirio e della verginità, si trova la nicchia per la statua della Santa Patrona. Sopra la mensa, il ciborio risalta, su uno sfondo quasi geometrico, per le sue sagome e i fitti profili concavo-convessi. Lateralmente delle mensole a “S” formanti una cornice, racchiudono la parte inferiore.
Addossato alla spalla dell'arcosoglio, con parapetto decorato da due lesene e cartella centrale, vi è il pulpito al quale si accede con una scala dalla parte interna del presbiterio.
Un soppalco soprastante l'ingresso principale, sorretto da due colonne a pianta circolare con base e capitello corinzio, un tempo riservato ai cantori, ospita l'antico organo.
Nella navata centrale, inseriti nell'intradosso della volta tre importanti dipinti datati 1855 rappresentano la Cena, l'Assunzione della Vergine ed il Sacrificio di Abramo.
Addossato al terzo pilastro di sinistra e riportante la scritta: “FRANCISCO RAVASCHERIO FIESCHI EX COMITIBUS LAVANIAE SATRIANENSIVM PRINCIPI & MVNIFICENTIA, SINGULARI, PIATATE, INSIGNI, POTENTIA, ET DIVITIIS, NON ELATO, LIBERALITATE, CLARO, CUJVS SPECTABILIVM UIRTVTVM ADMIRATORES AQVITVM CAETVS, ET AVLAE, TANTVM SVPERBIVNT HABVISSE CONSOCIVM, IMMATVRE VITA FVNCTO, DECIMI OCTAVI SECVLI TRICESIMO TERTIO, ET SUAE AETATIS ANNO A' PARTV URGINIS, TEMPORE, ET MORIBVS VENERATO. EJUS FRATER CYRVS, JACTVRA INREQVIETVS, SVI DVRABILE SIGNVM DOLORIS, LACPYMIS VDVM HOC SEPVLCRALE MARMOR EXTRVI JVSSIT”, si trova il Mausoleo di Francesco Ravaschieri, monumento funebre della prima metà del sec. XVIII, realizzato con marmi policromi a rilievo e intarsio. La lastra con la scritta, sopra citata, è nella parte bassa del mausoleo, mentre, nella parte alta, protetto in alto dalla corona e lateralmente da un drappeggio che si apre come un sipario, riccamente decorata da elementi naturali stilizzati e dove compare anche la conchiglia barocca, vi è scolpito lo stemma con al centro un leone di profilo a rilievo che segue un percorso a spirale; sopra la conchiglia, terminale in alto dello stemma, un piccolo serpente in ferro battuto infila la testa sotto la corona.
Per ogni navata laterale si trovano quattro altari minori, i quali hanno perso la loro originaria funzione in occasione del primo Concilio Ecumenico. Sei di questi altari sono adagiati sui muri perimetrali e due si trova sulle pareti di fondo.
In alto le due navate hanno controsoffiatura lignea orizzontale.
Il pavimento, rifatto negli anni cinquanta, con marmette di cemento e scaglie di marmo di cm 20 x 20, poggiante su uno strato di sabbia sotto del quale c'è il battuto di calce, è stato sicuramente rialzato rispetto a quello precedente. Ciò si può evincere dal gradino in prossimità dell'ingresso. Il pavimento originario era formato da un impasto di argilla e calce, al di sotto del quale vi erano le “camere tombali”- spazi destinati alla sepoltura, scavati nel terreno e chiusi lateralmente da muratura in pietra e nella parte superiore da volta pure in pietra. Ognuna delle camere era dotata di una botola semplice o doppia e con imposta di chiusura in pietra granitica o in marmo bianco su cui veniva scolpito lo stemma di famiglia. Queste tombe erano disposte secondo il peso sociale della famiglia: la più importante si trovava al centro; quella dei preti vicino all'altare; mentre una grande camera destinata al seppellimento del popolo si trovava vicino all'ingresso.
L'esterno e il campanile
All'esterno le facciate secondarie sono semplici e lineari, interrotte nello spigolo a sud-ovest dal campanile il quale è molto semplice nella sua tozza forma e termina, in alto, con tetto a padiglione quadrato; alla base, dei massicci barbacane, sicuramente realizzati in data posteriore alla costruzione della chiesa, danno un senso di certezza statica alla struttura. L'esperienza del terremoto ha condizionato, quindi, la forma e l'altezza di questa parte della struttura dove, in sommità, oltre alle antiche campane in bronzo, un grande orologio scandisce il tempo al ritmo di ogni quarto d'ora.
La copertura è a tetto con la tipica forma basilicale: una copertura per la navata maggiore e due più basse per le navate minori, rivelano all'esterno le diverse altezze degli spazi interni. La prima è a tre spioventi formanti un semipadiglione, mentre quelle corrispondenti alle navate minori sono ad unico spiovente. Una grande capriata lignea sorregge il tetto della parte alta, su cui le terzere, i travicelli e i coppi in terracotta ne completano la struttura, mentre le due falde laterali sono sorrette da una semicapriata. |